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Vediamo, dunque, quale trattamento fiscale è previsto nelle tre ipotesi che interessano
l’utilizzo o l’accantonamento del Trattamento di Fine Rapporto.
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Come noto, con la recente entrata in vigore della Legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (c.d. Legge di Stabilità), dal mese di
marzo 2015 sarà possibile richiedere al Datore di Lavoro che il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturando venga
versato direttamente in busta paga.
Ricordiamo, in premessa, che le vigenti disposizioni di Legge prevedono che
una volta richiesto il versamento del TFR in busta paga, la scelta effettuata risulterà irrevocabile fino al 30 giugno
2018.
La quota di TFR versata in busta paga verrà sottoposta a
tassazione ordinaria
“progressiva” in base all’aliquota
marginale
(in base al vigente ordinamento, quindi, da un minimo del 23% a un massimo del 43%).
La quota di TFR accantonata in Azienda sarà soggetta a
tassazione separata
in base ad un’aliquota media che varia da
un minimo del 23% a un massimo del 43%.
Inoltre, per il TFR maturato dal 1 gennaio 2001, l’Agenzia delle Entrate
provvede tempo per tempo a rideterminare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del contribuente, rilevata
negli ultimi 5 anni (il conguaglio avviene ogni tre anni).
Dal 1° gennaio 2007, il TFR versato nei Fondi Pensione all’atto della sua liquidazione viene sottoposto a ritenuta
d’imposta, che varia per come segue:
-
in caso di riscatto o di anticipazione per acquisto/ristrutturazione prima casa o ulteriori esigenze verrà
applicata l’aliquota del 23%;
-
in caso di pensionamento o di anticipazione per spese sanitarie sarà applicata un’aliquota di imposta che va
da un minimo del 9% ad un massimo del 15%.
Concludendo, possiamo oggettivamente rilevare che il versamento della quota del TFR nel Fondo
Pensione, oltre a garantire un incremento della pensione futura, consente di ottenere dei vantaggi
fiscali non indifferenti rispetto alle altra modalità di accantonamento o utilizzo dello stesso TFR.