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1.- La Corte di appello ha ritenuto che la falsificazione della firma sull’assegno,
ed in particolare la difformità della sottoscrizione dal campione depositato dal
correntista presso la banca, all’atto dell’apertura del conto corrente, non fosse
rilevabile attraverso l’esame visivo del titolo e che pertanto l’omesso rilievo non
fosse imputabile a colpa, sulla base dei canoni di ordinaria diligenza applicabili
in tema di valutazione della responsabilità della banca. Ha soggiunto che
l’attore ed appellante non ha specificato per quali ragioni il titolo falsificato -
appartenente ad un libretto di assegni in suo possesso - sia uscito dalla sua
disponibilità, sì da poter essere utilizzato da altri, né ha potuto fornire la prova
che la falsificazione fosse agevolmente riconoscibile. 4.- I tre motivi di ricorso
denunciano tutti, con diverse argomentazioni, omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione sul punto. Assume il ricorrente che in relazione
all’incasso di somme ingenti, quale quella di cui all’assegno in oggetto, non è
sufficiente ad esimere da responsabilità l’adozione di una diligenza media, ma
occorre uno specifico livello di attenzione ed in particolare occorre che la banca
dimostri di avere agito secondo la diligenza professionale tipica del buon
banchiere (primo motivo); che il carattere più o meno riconoscibile della
falsificazione va desunto dal raffronto fra la sottoscrizione apposta sul titolo e la
firma depositata dal cliente presso la banca, in occasione dell’apertura del conto
corrente; non da altri documenti, come ha fatto la Corte di appello, la quale ha
tratto argomento anche da una perizia di parte, prodotta in giudizio dalle
convenute, anziché disporre apposita consulenza di ufficio (secondo motivo).
Assume ancora che la sentenza impugnata ha messo in dubbio la sussistenza
della falsificazione, che è stata invece accertata nel corso di un processo
penale a carico dei dipendenti della banca convenuta, Z. e D’A., i quali hanno
ammesso che il prelevamento dei fondi dal conto del M. è una consulenza di
parte, idonea a controbattere gli esiti della perizia presentata dalle convenute.
Quanto poi all’illecito comportamento degli impiegati di Ca. (oggi …), lo stesso
ricorrente afferma di avere proposto in separata sede domanda di risarcimento
contro la banca per la responsabilità aquiliana ad essa imputabile in
conseguenza del comportamento dei dipendenti. Nel presente giudizio si
discute solo della riconoscibilità o meno della falsificazione della firma
sull’assegno illecitamente incassato ed, in relazione a tale questione, il
ricorrente non specifica come e perché i comportamenti illeciti dei dipendenti
avrebbero dovuto agevolare la riconoscibilità del falso: per esempio indicando la
data in cui i responsabili dell’istituto di credito sono venuti a conoscenza delle
illecite operazioni sui conti correnti e la sua anteriorità alla presentazione
dell’assegno all’incasso; si da giustificare il fatto che la banca dovesse prestare
una particolare attenzione. Il ricorrente neppure ha spiegato in che modo i
dipendenti infedeli abbiano potuto venire in possesso di un titolo staccato da un
suo libretto di assegni, come ha rilevato la sentenza impugnata (tanto che il
Tribunale aveva ipotizzato, nella sentenza di primo grado, una complicità
dell’attore). In sintesi, le censure del ricorrente non prospettano alcuna illogicità,
incongruenza od insufficienza della motivazione con cui la Corte di appello ha
giustificato la sua decisione, tali da giustificarne l’annullamento. 6.- Con il quarto
motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia posto a suo carico
le spese processuali sostenute in appello da C., pur avendo ritenuto che egli
non ebbe a proporre alcuna domanda nei confronti della stessa. 6.1.- Il motivo
non è fondato. Il ricorrente ha formalmente evocato in giudizio, in grado di
appello, anche C.. La circostanza che non egli abbia proposto domande nei
suoi confronti non fa che confermare l’errore in cui è incorso, evocando in
giudizio una parte nei confronti della quale non ha proposto alcuna avvenuto nel
corso di una più ampia operazione, tramite la quale essi avevano stornato